Amanda Knox – Conto alla rovescia per il verdetto

Amanda Knox in the Courtroom. Freeze frame of APTN file footage shot by Paolo Lucariello

Déją vu. E’ giovedì e sto tornando a Perugia per il servizio sulla sentenza del processo di appello nel caso Amanda Knox. Centinaia di giornalisti, tra cui molti americani,come due anni fa, si sono radunati in questa cittadina umbra adagiata sulla collina.

Freeze Frame of APTN Video of view of Perugia. Shot by Paolo Lucariello

I furgoni satellitari, stretti l’uno all’altro, sono ammucchiati nella piazzetta di fronte al tribunale. Da questi furgoni un serpentone di cavi collegati alle telecamere si dipana fino alle trombe delle scale, all’aula del tribunale e alla zona stampa.

Freeze frame APTN footage of Satellite Trucks outside courthouse in Perugia. Shot by Paolo Lucariello

La processione degli avvocati che entrano ed escono viene circondata dai giornalisti ansiosi di ottenere una dichiarazione. La famiglia Knox è rincorsa dal famelico esercito dei cronisti. Ma al centro di tutta questa attenzione – come è stato fin dal primo giorno – è la bellissima e misteriosa Amanda, la giovane che qualcuno definisce un angelo, altri come il diavolo in persona. E’ lei il soggetto di un’infinità di articoli, dei telegiornali, di libri, nonché di un film per la TV.

Freeze frame of APTN footage of books written about Amanda Knox. Shot by Paolo Santalucia

Eccovi un quadro della mia esperienza di giornalista che si è occupata al caso.

Una delle soddisfazione nel lavorare per un’agenzia di stampa è che non si sa mai che cosa succede dopo. A Roma la maggior parte delle notizie riguardano il Vaticano, la politica italiana e il cibo (pizza, mozzarella, cappuccino, etc) e non mi sarei mai aspettata di fare un servizio su un caso di omicidio. Quando una giovane studentessa inglese venne uccisa nella cittadina umbra di Perugia, pensai che la storia sarebbe durata un paio di giorni. Invece le strane circostanze che circondano l’omicidio di Meredith Kercher hanno risucchiato molti dei corrispondenti americani e inglesi in Italia in un circo mediatico. Al centro di questo circo, una giovane e seducente ragazza americana di Seattle, Amanda Knox. Essendo la classica americana bionda, occhi blu, viso pulito e sguardo angelico, è la protagonista perfetta di questa squallida storia di omicidio.

Amanda Knox being escorted into court by police. Freeze Frame of APTN file footage

Amanda Knox è entrata nella prigione di Capanne a Perugia il 6 novembre 2007, quattro giorni dopo che il corpo senza vita di Meredith Kercher è stato ritrovato in un lago di sangue, con la gola sgozzata, nella casa che dividevano a Perugia come studentesse. Meredith era stata oggetto di un tentativo di violenza sessuale. E io ero fra i tanti giornalisti partiti da Roma per riprendere quella semplice casetta sulla collina attraverso il cancello e la rampa del garage.

House in Perugia where Meredith Kercher was murdered. Freeze frame of APTN file footage. Shot by Francesco Manetti

L’AP possiede un video degli agenti della Scientifica in tuta bianca che setacciano il posto in cerca di prove per inchiodare gli assassini. Il loro lavoro e la poca accuratezza sono diventati centrali per la tesi difensiva.

Scientific Police on the Scene of the Crime. Freeze Frame of APTN file footage shot by Francesco Manetti

Il mio collega, Francesco Manetti, si era procurato una foto della sbigottita Amanda Knox in camicetta bianca e maglioncino blu che si aggirava per la rampa del garage prima di salire sull’auto della polizia. Nessuno,lei compresa, poteva prevedere che sarebbe stato uno dei suoi ultimi momenti di libertà negli anni a venire.

Amanda Knox in her driveway after the murder, before her arrest. Freeze frame of APTN file footage shot by Francesco Manetti

Amanda Knox è stata accusata, insieme al suo fidanzato di allora Raffaele Sollecito e al conoscente Rudy Guede, cittadino della Costa d’Avorio, di tentativo di stupro e omicidio nei confronti di Meredith. Guede ha scelto il processo abbreviato ed è stato condannato a 30 anni di prigione, in seguito ridotti a 16 in appello. Knox e Sollecito hanno dichiarato la propria innocenza e, oltre due anni dopo, faccio ancora parte delle dozzine di corrispondenti che hanno seguito l’apertura del loro processo il 16 gennaio del 2009.

Il processo Knox-Sollecito si è tenuto in un’aula di tribunale due piani sotto il livello stradale nel centro di Perugia. Noi ci eravamo sistemati all’esterno per riprendere l’arrivo dei furgoni dalla prigione che trasportavano la Knox e Sollecito.

Io aspettavo all’ingresso con i cameraman per riprendere l’arrivo degli avvocati e dei familiari. Poi mi precipitavo lungo le due rampe di scale e salivo su una sedia in fondo all’aula. I cameraman prendevano posizione, salendo sulle sedie o sulle scale vicino alla porta, per riprendere la polizia che scortava Amanda e Raffaele in aula.

Me, in the black dress, caught in an APTN shot as I wait in the doorway to the courthouse, hours before lawyers are supposed to arrive.

Ogni volta rimanevo colpita dall’aspetto di Amanda mentre camminava tra le due agenti di polizia. Piccola, vestita in maniera semplice, senza trucco, era di una bellezza naturale. In lei si avvertiva sicurezza e determinazione. Quando prendeva posto, spesso si metteva a chiacchierare con l’interprete o con i suoi avvocati. Il suo aspetto e il suo comportamento erano in netto contrasto con quello di Raffaele Sollecito che appariva nervoso, teso, nevrotico, irrequieto e insicuro.

Amanda heading to her seat in courtroom. Freeze Frame of APTN file footage shot by Paolo Santalucia

Sentivo grande tristezza per i genitori coinvolti nel caso. Una volta ho intervistato fuori dal tribunale il padre di Amanda, Curt Knox, e i suoi occhi si sono riempiti di lacrime quando mi ha detto: “Ogni genitore sa quanto possa essere devastante. Mandi tua figlia a studiare all’estero e lei finisce in prigione.” La prima volta che ho chiesto un’intervista alla madre di Amanda, lei mi ha guardata e ha detto: “E’ con noi o contro di noi?”Le ho spiegato che AP si attiene ai fatti e che non siamo “con” o “contro” nessuno. Dopo quel primo difficile incontro, ho scoperto che Edda Mellas nella sua umiltà è determinata a fare qualsiasi cosa per liberare la figlia.  Il comportamento della famiglia, un po’ ingenuo nel corso del primo dibattimento, nel momento in cui è cominciato l’appello si è rivelato più sicuro nel gestire i rapporti con la stampa internazionale e con il sistema giudiziario italiano.

Al primo processo, il giorno della sentenza, la giuria deliberò per 13 ore in camera di consiglio, mentre giornalisti, avvocati e parenti vagavano in preda all’ansia per le strade  di Perugia. La squadra di giornalisti, produttori, cameraman e fotografi dell’Associated Press si era riunita in una trattoria vicino al tribunale e consumava una cena in attesa del verdetto della giuria. Tutti nervosi e irrequieti, controllavamo i cellulari preparando mentalmente il servizio sia in caso di assoluzione che di condanna. Alla fine ci chiamarono dal tribunale un po’ prima della mezzanotte. Il giudice lesse la sentenza rapidamente. Colpevoli. Ventisei anni ad Amanda, 25 a Raffaele. Finita la lettura, la scena che si presentò ai nostri occhi fuori dal tribunale fu di perfetto caos. Osservai dal vivo Amanda che piangeva disperatamente mentre veniva fatta salire sul furgone della polizia. Giornalisti, cameraman e fotografi assalivano avvocati e familiari in cerca di una dichiarazione. Il padre di Amanda, Curt, veniva ripreso dalle TV mentre cercava di farsi strada verso l’hotel con le figlie più giovani.

In egual misura, ho sentito l’angoscia dei genitori di Meredith Kercher che il giorno dopo il verdetto di colpevolezza tennero una commovente conferenza stampa insieme agli altri tre affascinanti e carismatici figli. Stephanie, la bellissima sorella di Meredith che le somiglia in modo impressionante, dichiarò che la sentenza “ha reso giustizia a noi e a lei, ma la vita non sarà più la stessa senza Mez.”E suo fratello John aggiunse: “La perdita di Meredith lascerà un grosso vuoto nelle nostre vite.”

L’avvocato della famiglia Kercher riassunse i sentimenti di molte persone quando uscendo dall’aula dopo il verdetto di colpevolezza, affermò di essere soddisfatto della sentenza, ma non provava nessuna felicità perché comunque quattro giovani vite erano state spezzate in una sola notte. Come si poteva gioire di questo?

Le mie figlie, Caterina e Chiara, erano incuriosite dalla storia di Amanda Knox. Avevano visto le sue foto sui giornali italiani e mi tempestavano di domande. Erano turbate dalla condanna a 26 anni di reclusione e mi chiedevano spesso se pensassi veramente che fosse colpevole.

Una settimana dopo la sentenza ho ricevuto l’invito inaspettato di far visita ad Amanda Knox in prigione insieme alla fondazione Italia-USA. Da due anni i giornalisti facevano richiesta di poter parlare con Amanda. Io stessa avevo telefonato alla prigione diverse volte, ma il permesso mi era sempre stato negato. Arrivati alla prigione, ci hanno sequestrato i cellulari. Poi la direttrice ci ha fatto oltrepassare una serie di porte e un grande cortile per condurci nella sezione femminile. Una volta entrati ci ha fatto fare un giro turistico per la lavanderia e la cucina. Abbiamo visitato tutte le sezioni e parlato con molte detenute attraverso le sbarre. La mia precedente esperienza in una prigione era stata nell’intervistare i membri degli Sparrows’ Communist Assassin detenuti a Manila, nelle Filippine. Quella prigione era orribile e mentre gli Sparrow stavano tutti in una cella seduti composti, altri prigionieri inveivano contro di me attraverso le sbarre e allungavano le mani in modo intimidatorio. Al contrario, la prigione di Capanne a Perugia è linda e pulita. Vi si tengono funzioni religiose e una volta alla settimana è disponibile un parrucchiere. Nei loro bagni le detenute hanno i bidet.

La visita sembrava non aver fine, ma finalmente al terzo piano, ho sbirciato attraverso le sbarre di una cella e ho visto Amanda che sistemava la sua stanza. Velocemente mi sono avvicinata e in inglese le ho detto chi ero. E’ rimasta sorpresa di udire un accento americano e immediatamente si è accostata alle sbarre. Le guardie carcerarie, due donnoni, che ci stavano scortando, si sono avvicinate alla porta e una di loro ha preso una chiave dall’enorme mazzo che aveva appeso alla cintura e ha aperto la porta.

Amanda stava lì, in ciabatte, con indosso un maglione a collo alto a pois grigio-bianchi e pantacollant neri. I capelli raccolti in una coda di cavallo. Sono rimasta impressionata dall’aspetto semplice, dal suo comportamento umile, in netto contrasto con l’Amanda che avevo visto in tribunale. Mi è sembrata più piccola e impaurita. Mi ha detto: “ho paura, ma resto in attesa, fiduciosa.” Ha descritto come le guardie carcerarie sono entrate nella sua cella e l’hanno consolata la notte della sentenza mentre singhiozzava disperatamente. Ha detto anche che le manca la sua famiglia e le conversazioni stimolanti. Una guardia carceraria si è agitata nel sentirci parlare in inglese e con fermezza mi ha detto che non mi era permesso di fare domande sul caso. Allora Amanda è passata all’italiano per parlare con il resto della delegazione.

La visita ad Amanda è durata solo dieci minuti, ma è stato un grosso scoop per me e per AP.

Mia figlia Caterina ne è stata la più fiera. Deve aver detto a tutta la scuola che la sua mamma è andata in prigione per parlare con Amanda Knox. Il fatto che mia figlia sia orgogliosa una volta tanto del mio lavoro mi ha dato un’enorme soddisfazione.(Una volta sono rimasta imbarazzata, ma sotto sotto emozionata, quando un’amichetta di Chiara mi ha chiesto: “E’ vero che hai viaggiato sullo stesso aeroplano del Papa?”) Naturalmente c’è sempre mio figlio quindicenne che mi tiene con i piedi per terra. Di recente mi ha detto: “Mamma, non hai fatto nulla di veramente fico nel tuo lavoro da quando sono nato!” Bene, beccatevi questa! Nico ha capito che avere bambini limita gli orizzonti professionali di una madre.

Nota:  i prossimi post saranno da Perugia con più notizie sul processo. Si aspetta il verdetto forse per sabato, al massimo per lunedì 3 ottobre.

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