Caravaggio e Le Donne – Attente Alle Unghie!

Judith Beheading Holofernes

Una delle cose più belle di Roma – a parte i tramonti – è il fatto che la città eterna è l’unico posto al mondo in cui si può avere un assaggio del Caravaggio in ogni momento. Caravaggio acca 24, sette giorni a settimana. A differenza di tante donne che sposano un italiano, io non avevo studiato niente dell’Italia e sono arrivata qui senza conoscere la storia dell’arte. Come tanti americani, avevo sentito parlare solo di Leonardo, Michelangelo, e forse Raffaello.

Adesso però amo il Caravaggio. Era un pasticcione passionale, la dimostrazione storica che il vero genio non sempre è il primo della classe. Il pittore barocco del XVI secolo era un genio che fra i molti talenti, sapeva dipingere le donne. Ho passato molto tempo a rimirare il soffitto della Cappella Sistina mentre lavoravo a vari servizi in Vaticano, Michelangelo non si batte, ma ho una piccola rimostranza da fare all’artista rinascimentale. Michelangelo non era bravo a dipingere il corpo delle donne. Lo stesso uomo che ha lavorato su ogni singolo muscolo e vena del David (e so di cosa parlo per averlo osservato da vicino sull’impalcatura in occasione di un servizio fatto durante il restauro), dava al corpo femminile lo stesso aspetto di quello maschile – forte e muscoloso, con spalle larghe e pettorali possenti. Le uniche donne che ho visto con questo fisico sono le atlete olimpioniche.

Caravaggio era l’opposto. Pare che avesse molte donne da cui trarre ispirazione, dalle prostitute alle nobildonne. Uno dei miei dipinti preferiti è “Giuditta che decapita Oloferne”. La prima volta che mi sono trovata davanti al quadro, ho avuto l’impulso di fare un salto indietro per non essere colpita dagli schizzi di sangue. Giuditta ha una bellissima pelle di porcellana e capelli color fragola, con piccoli boccoli che le incorniciano il volto. Una ruga tra le sopracciglia tradisce forse una leggera contrarietà circa la necessità di mozzare la testa di quell’uomo. Ma la mano forte e le braccia muscolose sembrano all’altezza del compito. Gli storici dell’arte hanno ipotizzato che la modella di Giuditta fosse una famosa prostituta romana, Fillide Melandroni. Pare che Caravaggio l’avesse usata per diversi dipinti. Immagino che Fillide Melandroni avesse la giusta combinazione di acume popolare, grinta e bellezza. L’anziana donna sporca e avvizzita che osserva la scena può essere stata una donna che viveva nel quartiere di Caravaggio.

Con la sua abitudine a ritrarre le cortigiane in maniera riconoscibile, Caravaggio scelse di provocare il pubblico e i suo mecenati. Anche nella scelta delle donne, il ‘discolo’ Caravaggio si distingue da altri grandi artisti italiani. Il grande amore di Raffaello, la bella Fornarina di Trastevere, compare in alcune opere importanti, ma Raffaello era molto più diplomatico e non si spingeva ai limiti della decenza come faceva Caravaggio. Le opere di Raffaello emanano serenità, grazia e bellezza. E se si cerca la perfezione femminile, ci sono sempre la “Nascita di Venere” e la “Primavera” di Botticelli. Ma per le donne vere, io raccomando Caravaggio. I suoi dipinti sono turbolenti, drammatici e appassionati, e ritraggono le donne per quello che sono.

Per i 400 anni della morte di Caravaggio, ho fatto un servizio su una squadra di ricercatori alla ricerca delle ossa di Caravaggio. Insieme al cameraman di APTN Paolo Lucariello, sono andata a Porto Ercole, dove nel 1610, Caravaggio si accasciò su una spiaggia e morì pochi giorni dopo.

Per trovare le ossa di Caravaggio, lo speleologo Antonio Moretti ha indossato un elmetto con torcia incorporata e si è calato in una cripta nel cimitero di Porto Ercole. Paolo e io siamo scesi dopo di lui, passandoci telecamera e cavalletto sulla scala. Lì sotto era buio, un po’ da brivido. Mi sembrava di essere in un film di Halloween. L’ambiente era pieno di scheletri fino alle ginocchia. Alcuni erano interi, di altri c’era solo il cranio, in qualche caso con i capelli. Moretti ha frugato attentamente tra il mucchio di ossa, crani e femori, prelevando pezzi che potessero corrispondere per età e dimensioni ai resti di Caravaggio. Li ha messi in una busta di plastica e in seguito inviati all’Università di Ravenna per essere analizzati.

Era stato nelle strade di Roma che Caravaggio si era messo nel guaio che poi lo costrinse a fuggire. Dopo una partita di pallacorda in Via della Pallacorda, Caravaggio fu coinvolto in una rissa e uccise un uomo. Il Papa lo condannò a morte e lui fuggì a Malta. Qualche tempo dopo fece ritorno in Italia e lavorò come pittore in Sicilia e a Napoli. Nel 1610, il suo ultimo anno di vita, Caravaggio dipinse “Davide con la testa di Golia” – la testa sanguinante del gigante è un autoritratto dell’artista.

Pare che Caravaggio stesse navigando lungo la costa italiana cercando di evitare lo Stato della Chiesa e arrivare in Toscana, dove un nobiluomo avrebbe potuto aiutarlo a ottenere il perdono papale. Ma qualcosa andò storto, si accasciò sulla bella spiaggia della Feniglia e morì pochi giorni dopo a Porto Ercole, all’età di 39 anni.

Qualche mese dopo la nostra vista a quella cripta piena di ossa, i ricercatori hanno annunciato di aver trovato dei resti attribuibili a Caravaggio. Con test come quello del DNA e la datazione al carbonio, hanno analizzato le ossa in base all’anno in cui morì Caravaggio, al sesso, all’età e all’altezza. Ma pur essendo quasi certi che quei resti appartengano a lui, non possono averne la certezza scientifica. Alla fine hanno concluso che Caravaggio, indebolito dalla sifilide, era morto di insolazione.

A più di 400 anni dalla sua morte, Caravaggio continua ad affascinare e a suscitare ammirazione. E io continuo a trarre periodiche ispirazioni dai suoi lavori. Adoro salire i gradini della chiesa di Sant’Agostino. Benché a pochi passi dalla famosissima Piazza Navona, sembra sempre deserta e abbandonata. Ci sono un paio di vagabondi che stazionano sulle scale attorniati da bottiglie di birra e buste piene di non si sa cosa. Quando passo di là, sempre di fretta, penso che se Caravaggio fosse vivo, si fermerebbe a osservarli e magari li porterebbe nel suo studio. E’ questo che tutti ammirano di Caravaggio, il suo modo di ritrarre la gente comune.

Nella chiesa di Sant’Agostino non c’è quasi mai nessuno. Io entro e vado subito sulla sinistra, dove c’è la “Madonna di Loreto” (o dei Pellegrini). Una bella Madonna – pare molto somigliante a una prostituta romana di nome Lena – tiene stretto un paffuto Gesù Bambino che sembra schizzare via dalle sue braccia, mentre due contadini sono inginocchiati ai suoi piedi. Pare che la Madonna fosse un po’ troppo provocante per la società del Seicento. Le ginocchia leggermente sporgenti rivelano la curva della coscia sotto il lungo abito bordeaux, mentre si appoggia allo stipite della porta. E c’è un piccolo segreto – non lo dite a nessuno! L’ultima volta che ero là, ho pensato che le unghie della Madonna fossero poco curate, un po’ sporche, come se non avesse avuto il tempo per andare dall’estetista a fare un pedicure. La adoro!

 

Madonna di Loreto

A differenza delle unghie, i piedi della Madonna sono molto più puliti di quelli luridi dei due contadini… potrebbero appartenere facilmente ai vagabondi che stazionano di fuori. Quella bella Madonna appare molto naturale. Il bambino pesa un po’ troppo e lei non ha avuto il tempo di mettersi le scarpe prima di aprire la porta. C’è qualcosa di trascurato in lei, che la rende un po’ meno Madonna e un po’ più mamma.

Così resto lì per qualche minuto, respiro profondamente, cerco di assorbire un po’ del genio del pittore e scappo via portando con me un po’ di Caravaggio come ispirazione… mentre squilla il cellulare e vengo reclamata dal lavoro o dai figli.

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