Ricordando “Pat the Bunny”

Graffiti sul muro vicno all'ufficio postale nel centro di Roma. Foto di Trisha Thomas

Lunedì mattina è stata una di quelle mattine. Forse perché la sera prima avevo passato tre ore – fino a mezzanotte – a pettinare uno dei miei figli per rimuovere pidocchi e uova. Poi ho dovuto sequestrare gli animali di peluche, disinfettare le spazzole e cambiare i letti. Cosa succede nell’esclusiva scuola francese di Roma? Sostengono di insegnare ai ragazzi la Rivoluzione Francese, Napoleone, Cartesio e Victor Hugo – ma giuro che non fanno altro che riempire la testa dei ragazzi di pidocchi. Ogni anno c’è sempre qualcuno che li prende. AARRGGHH.

(E spero tanto che le altre madri non torcano il nasino quando sentiranno del nostro incubo pidocchi, può succedere a chiunque).

Così quando sono arrivata in ufficio, ero di pessimo umore. Dovevo correre a seguire lo sciopero del pubblico impiego davanti a Montecitorio, con una sosta all’ufficio postale per filmare i lavoratori in sciopero. Mentre il cameraman Paolo Lucariello preparava l’attrezzatura, ho preso il microfono e ho cominciato a girare per l’ufficio cantanto “She works hard for her money, so hard for it honey, she works hard for her money, so you better treat her right!” Ricordate Donna Summer? (Cliccate qui per vedere il video). Paolo e Marco Guerrieri, il contabile, di certo non la ricordano perché mi hanno guardato strano chiedendo: “Ma che significa?”. “Che oggi non voglio portare il cavalletto.” ho risposto. Una delle delizie di un producer di agenzia televisiva è la totale mancanza di glamour – si passa la giornata a trascinarsi dietro il cavalletto. Marco si è offerto di portarlo fino all’ufficio postale.

Quando siamo arrivati là, sulla porta c’era un cartello che avvisava dello sciopero di tre ore al termine del turno. Ma quello che mi ha colpito è stato il graffito accanto alla porta, che con una bella grafia tondeggiante dichiarava: “Me ne frego”…

Per quanto ne so, potrebbe essere anche il motto degli impiegati delle poste di Roma. Andare all’ufficio postale si rivela spesso un’esperienza traumatica. Bisogna premere un bottone su una macchinetta che sputa fuori un numero, ma bisogna scegliere il bottone. Si fanno file diverse con numeri diversi per i diversi servizi. Di solito io ci vado armata di giornali, libri e blackberry, prendo il mio numero e aspetto pazientemente. Quando finalmente chiamano il tuo numero, devi fare un respiro profondo ed entrare in uno stato d’animo zen. L’impiegato romano delle poste se ne frega dei tuoi bisogni e preferirebbe dirti che hai preso il numero sbagliato, che devi tornare alla macchinetta, premere un altro bottone e ricominciare. Sigh.

Ma oggi “Me ne frego” sembrava riassumere il mio umore. Me ne frego. Manca una settimana a Natale, non ho ancora comprato i regali, non ho un soldo, non so cosa cucinerà e ME NE FREGO!! Frase che mi riporta a un momento importante della mia infanzia, a uno dei miei libri preferiti, “Pierre” di Maurice Sendak.

La Copertina del libro "Pierre" di Maurice Sendak

La copertina di uno dei miei libri per bambini preferiti, “Pierre” di Maurice Sendak.

Ricordo ancora il paragrafo di apertura:

“C’era una volta un bambino di nome Pierre,

che diceva solo “Non m’importa”.

Leggi la sua storia, amico mio,

e alla fine scoprirai

una bella lezione morale.”

Per chi non conosca questa adorabile storiella, Pierre risponde sempre – specialmente a sua madre e a suo padre – “Non m’importa.” Alla fine incontra un leone affamato che lo mangia.

Potete ascoltare la versione musicale del libro cantata da Carole King cliccando qui.

Il leone in procinto di mangiare Pierre, che se ne infischia.

 

Speravo che stamane sarebbe arrivato il leone e mi avrebbe mangiata, così avrei risolto tutti i miei problemi natalizi. In realtà, a Roma ci sono tanti leoni, ma sono tutti di pietra, perciò niente.

E siccome lavorare per un’agenzia di notizie televisive è un impegno a tempo pieno non-stop, oggi pomeriggio abbiamo deciso di realizzare un servizio sulla pubblicazione della guida per i senzatetto di Roma a cura della Comunità di Sant’Egidio prevista per domani. La guida informa i senzatetto dove trovare cibo, alloggio e assistenza medica.

Una piccola digressione sulla Comunità di Sant’Egidio, che come molti sapranno, si adopera in Italia a favore dei senzatetto, degli anziani, dei Rom e degli immigrati, tanto per citare alcuni dei loro progetti; ed è impegnata all’estero nei processi di pace di Paesi in guerra e nella lotta all’Aids in Africa.

Così oggi pomeriggio,  Pietro De Cristofaro, un altro cameraman di AP Television, è dovuto andare a riprendere i senzatetto in giro per la città. Mi ha chiesto se sapevo dove trovarli e io, che presto sempre più attenzione alle donne, ho pensato a due di loro. La prima è di origini africane e si incontra ogni giorno a Largo Argentina, danza e canta allegramente mendicando alla fermata del tram. La seconda l’ho spesso notata passando in autobus su un pezzetto di prato ai margini di Villa Borghese. Il 160 risale Via Veneto – un tempo cuore della Dolce Vita – passando davanti all’ambasciata americana, a hotel a cinque stelle come l’Excelsior e il Regina Baglioni, e al Café de Paris. Poi supera le mura romane e dall’altra parte dell’incrocio… c’è lei. Una donnina seduta sull’erba, attorniata da buste e pacchi, che accarezza un coniglietto. Sì, un coniglietto vivo.

Questo naturalmente mi fa tornare in mente un altro libro della mia infanzia: “Pat the Bunny.”

La Copertina di "Pat the Bunny"

Perché accarezzare un gatto, un cane o un coniglio ha un effetto tanto tranquillizzante? Ogni volta che vedo quella donna, penso che accarezzare il coniglio l’aiuti a dimenticare che è povera, senzatetto, senza un posto dove andare e senza niente da mangiare.

E questo mi riporta a Pierre: il libro alla fine rivela la sua  morale quando Pierre dichiara forte e chiaro: “Sì, MI IMPORTA davvero!”

Allora, per convincermi che davvero m’importa, questa settimana cercherò di trovare il tempo di fare qualcosa per quelle due donne. E chiederò ai lettori romani del mio blog di fare lo stesso. Sono facili da trovare. Vicino al capolinea del tram a Largo Argentina c’è l’africana che canta felice. E in cima a Via Veneto, basta attraversare la strada e all’ingresso di Villa Borghese c’è la donna con il coniglietto. Fermatevi, date loro un po’ di spicci, qualche dolce di Natale, magari chiedete loro come si chiamano, da dove vengono… e il nome del coniglio.

Leave a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *