Tre Generazioni di star al femminile a Rome Film Fest

Charlotte Rampling playing Alice Hunter in "The Eye of the Storm". Freeze frame of Clip from film.

Alcune riflessioni su tre generazioni di dive che ho avuto l’occasione di intervistare al Festival del Film di Roma.

L’attrice Charlotte Rampling, 65 anni, è la massima espressione di una star del cinema. Ha interpretato dozzine di film, da “Portiere di notte” a “Il verdetto”. Ha recitato accanto a Paul Newman e Dirk Bogard, è stata diretta da Woody Allen, Sidney Lumet e Luchino Visconti. Era a Roma per la presentazione del suo ultimo film “The Eye of the Storm”.

In questo film, la splendida attrice che ha sedotto il mondo con i suoi occhi blu e la sensualità misteriosa, ha accettato di interpretare una donna morente, dieci anni più vecchia della sua età attuale.

Il film è ambientato negli anni Settanta a Sydney, in Australia. La protagonista, Elizabeth Hunter (Charlotte Rampling), è una ricca donna borghese sul letto di morte. Viene assistita da due infermiere, un maggiordomo e il suo leale e ossequioso avvocato. I due figli di Elizabeth – Sir Basel (Geoffrey Rush), attore di mezza età e poco successo che vive a Londra, e Dorothy (Judy Davis), donna molto convenzionale, ex moglie di un principe francese – vengono chiamati al capezzale della madre.

Elizabeth Hunter – anche negli ultimi giorni di vita – è una forza della natura. Con bonaria e spietata ironia, l’inferma signora riduce i figli cinquantenni a bambocci pasticcioni nel tentativo di assicurarsi l’eredità. (“Eye of the Storm” ha vinto il Marc’Aurelio, premio speciale della giuria al Festival del Film di Roma).

Ho condotto una breve intervista con Charlotte Rampling. E’ minuta, con occhi blu penetranti e un vivace senso dell’umorismo. Durante la nostra conversazione, dovevo tenere la staffa del microfono (uno di quelli coperti da una specie di peluche). Charlotte mi ha guardata e ha chiesto: “Devi tenere anche quello?”. Le ho risposto che io reggo il microfono, porto il cavalletto, monto il video e molto presto comincerò anche a usare la telecamera. E lei, con un mezzo sorriso: “Alla fine resterai da sola a fare tutto, mentre gli altri saranno fuori a cercare lavoro.” Ha ragione. Nel settore televisivo si sta rapidamente affermando la figura unica di videogiornalista…  a proposito di multi-tasking!

Però il commento della Rampling che più mi ha colpito è stato alla conferenza stampa. Quando le hanno chiesto come si è sentita a interpretare una donna dieci anni più vecchia, ha risposto: “L’età non dovrebbe neanche sfiorare il nostro orizzonte. Forse siamo tutti vanesi e narcisisti, e per questo non ci piace invecchiare. Chi vuole invecchiare? Chi vuole le rughe? Chi vuole apparire vecchio? Chi non desidera essere giovane? Ma non è possibile… Perciò se vi concederete il lusso di essere vecchi, forse brutti, meno attraenti, meno desiderabili… se un attore accetta questa condizione, scoprirà che la ricompensa è straordinaria.”

Buon per lei!

Freeze frame from APTN interview with Kristin Scott Thomas. Video shot by Pietro De Cristofaro

La seconda star che ho intervistato è stata Kristin Scott Thomas. Ammiro l’attrice cinquantunenne da quando l’ho vista ne “Il paziente inglese”, così come ho ammirato Meryl Streep ne “La mia Africa”. Credo che ciò dipenda un po’ dalla visione romantica che ho di queste donne forti e bellissime che se ne vanno in giro per deserti e savane africane vestite color cachi, e di uomini seducenti (Ralph Fiennes, Robert Redford) bravi a raccontare storie.

Questa volta però, la Scott Thomas è venuta al Festival per presentare un genere di film completamente diverso. Ne “La Femme Du Cinquieme”, l’attrice interpreta una donna misteriosa di nome Margit, al tempo stesso musa, diavolo e seduttrice.

Lo psicodramma narra la storia dello scrittore americano Tom Ricks (interpretato da Ethan Hawke), che va a Parigi per riconquistare sua moglie e sua figlia. Le cose si mettono male e lui si ritrova a lavorare come guardia notturna in un sospetto bunker sotterraneo. Abita in un quartiere periferico fra gente strana. Tom conosce Margit (interpretata da Kirstin Scott Thomas), diventano amanti e si incontrano regolarmente nell’appartamento di lei.
Margit inizia a esercitare uno strano controllo su Tom, allontanandolo da sua figlia e spronandolo a dedicarsi alla sua arte.

La mia intervista con Kristin Scott Thomas è avvenuta in un piccolo studio illuminato da lampade molto forti. Alcuni giorni prima avevo intervistato il regista Luc Besson nello stesso posto, e lui era stato cordiale, premuroso e loquace. La Scott Thomas è entrata e ha subito chiesto un monitor su cui potersi guardare. Poi ha chiesto a una truccatrice di portarle un po’ di cipria. Finito di incipriarsi il naso, sembrava pronta per l’intervista.

Per tutto questo tempo, io ero seduta di fronte a lei, e aspettavo pazientemente, con il taccuino in mano, rivedendo le domande e sentendomi un po’ a disagio. Quando finalmente mi è sembrata pronta, ho teso la mano dicendo: “Ciao, sono Patricia Thomas di Associated Press Television.” Lei mi ha guardato e ha risposto: “Scusa, non riesco a vederti, queste lampade mi accecano.”

Mamma mia! Peggio di una schiacciata a basket… Era davvero necessario?

Poi ho cominciato con le domande e lei è stata perfetta. Kristin Scott Thomas ha dei lineamenti molto particolari, zigomi alti, fronte ampia e grandi occhi blu. Mentre parlava, si teneva le ginocchia, sbatteva le ciglia e muoveva la testa ammiccante. Stava parlando con la telecamera, non con me, ed era bravissima.

Poi, vista la mia ossessione per mamme lavoratrici, e avendo letto che ha tre figli, le ho chiesto come se la cava. La sua risposta è stata: “Per le donne è molto difficile lavorare e crescere i figli, e qualunque donna al mondo abbia un lavoro e dei figli, sa di cosa parlo. Si è sempre combattute fra le due cose… perennemente.”

Sì, sono d’accordo con lei. Però non sarebbe una cattiva idea essere un po’ meno snob e un po’ più gentile con altre mamme lavoratrici.

Per il resto della giornata, il cameraman Pietro De Cristofaro ha continuato a mettere il dito nella piaga. Ogni volta che gli chiedevo di fare un’inquadratura o di inserire una clip nel montaggio… lui mi rispondeva: “Scusa, non riesco a vederti, queste lampade mi accecano.”

Freeze frame of Zhang Ziyi during interview with APTN. Video shot by Federico Pucci

L’ultima attrice sulla mia lista è stata la superstar cinese Zhang Ziyi,  32 anni. Fra i molti film, ha interpretato “Memorie di una geisha” e “La tigre e il dragone”. E’ venuta al Festival di Roma per presentare il suo ultimo film “A Love for Life”, una storia drammatica sull’Aids in Cina negli anni Novanta.

Zhang Ziyi è bella da mozzare il fiato. Quando è venuta da me per fare l’intervista, è emersa dal suo entourage (avrà avuto dieci persone attorno fra interpreti, truccatori, addetti stampa) come una creatura magica, coperta da un vestito marrone diafano, con maniche aperte e sventolanti. Mi ha teso una mano delicata con unghie laccate color cioccolato. Portava braccialetti d’argento sopra i gomiti e un’enorme collana con un gioiello a forma di farfalla. Sembrava una bambola di porcellana, ma appena ho cominciato a parlare con lei, mi sono accorta che più che di porcellana, è fatta di ferro.

Il suo film è il primo ad affrontare la questione dell’Aids in Cina. All’inizio, un cartello fornisce dati allarmanti sulla diffusione dell’epidemia nel Paese: “Alla fine del 2009, più di 33 milioni di persone nel mondo erano malate di Aids, di cui 740.000 in Cina. Non è noto l’esatto numero di quelli che hanno contratto il virus vendendo il sangue o attraverso trasfusioni.”

Durante l’intervista, Zhang Ziyi ha sottolineato l’importanza di questo film per la Cina. “Per noi è un grande passo avanti… c’è un nuovo atteggiamento verso il mondo, una nuova apertura… stiamo affrontando l’argomento, stiamo affrontando il problema, e la gente non si nasconde più. Al nostro regista ci sono voluti cinque anni per realizzare il film, perché durante la lavorazione ci sono state tante difficoltà, create da ogni parte. Non è stato facile, ma alla fine ce l’abbiamo fatta.”

E brava Zhang Ziyi. Ammiro la tua determinazione e il tuo talento.

Scrivo tutto questo a titolo unicamente personale, derivandolo dalle impressioni raccolte durante interviste molto brevi. Non seguo regolarmente il settore dell’Entertainment e queste persone, perciò potrei sbagliarmi su tutte loro. Le mie opinioni sono personali e non rispecchiano quelle della società per cui lavoro, la AP.

1 thought on “Tre Generazioni di star al femminile a Rome Film Fest”

  1. Le parole della Rampling sono piuttosto “stonate” se viste nell’ambiente delle star, però quanto sono vere: “L’età non dovrebbe neanche sfiorare il nostro orizzonte. Forse siamo tutti vanesi e narcisisti, e per questo non ci piace invecchiare. Chi vuole invecchiare? Chi vuole le rughe? Chi vuole apparire vecchio? Chi non desidera essere giovane? Ma non è possibile… Perciò se vi concederete il lusso di essere vecchi, forse brutti, meno attraenti, meno desiderabili… se un attore accetta questa condizione, scoprirà che la ricompensa è straordinaria.”
    Le rughe sono solo dei “segni esterni” che non devono inficiare negativamente lo stato d’animo di ognuna di noi.

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