Stregata e Ispirata da Beatrice

Ritratto di Beatrice Cenci attribuito a Guido Reni, custodito nella Galleria di Palazzo Barberini a Roma.

Circa un anno fa, mio figlio Nico è rimasto a dormire a casa del suo amico Giovanni nel centro di Roma. Il giorno dopo mi ha raccontato che nel bel mezzo della calda notte estiva, ha sentito un alito fresco e umido. Si è alzato a sedere sul letto e alla luce del lampione all’esterno, è riuscito a distinguere la figura di una giovane donna accanto alla porta della stanza. Aveva riccioli lunghi e rossi che le ricadevano sulle spalle, e occhi scuri. La camicia da notte bianca e fluttuante avvolgeva la sua figura snella e le scendeva fino ai piedi. La ragazza ha fissato Nico malinconica e poi, con la mano pallida e magra, gli ha fatto cenno di seguirla. Nico l’ha guardata stupefatto mentre spariva passando attraverso la porta. Pensando che fosse un sogno, Nico si è rimesso a dormire. Più tardi è stato svegliato da un grido acutissimo, seguito dai gemiti di una giovane donna. Si è spaventato e ha svegliato Giovanni. Per qualche istante, tutti e due hanno udito un altro lungo gemito. Nico ha suggerito di chiamare la polizia, ma Giovanni si è voltato dall’altra parte rassicurandolo: “Ah Zii, è sola Bea, lo fa spesso… scialla.” Nico ha insistito: “Gio, Gio dai su, sta male dobbiamo aiutarla.” A quel punto, Gio si è girato e ha concluso: “Ziii, è morta più di quattro secoli fa.” Ho sempre avuto un debole per le storie di fantasmi, perciò quando Nico mi ha raccontato questa, mi sono subito incuriosita. Chi era Bea? Dove abita Giovanni?

Due uomini davanti al portone d’ingresso dell’abitazione di Giovanni, Palazzo Cenci, Via Beatrice Cenci, Roma. Agosto 2012. Foto di Trisha Thomas

Giovanni abita a Palazzo Cenci, un vecchio edificio del centro storico di Roma, ai margini del cosiddetto Ghetto. Un tempo era la casa della famiglia nobiliare dei Cenci, e la Bea in questione è una delle fanciulle, nonché martire, più famosa della storia di Roma, Beatrice Cenci.

La sua storia contiene tutti gli elementi che uno scrittore abbia mai desiderato – una ragazza giovane e bella, ricca, padre nobile, matrigna, e un Papa crudele e autoritario.

E’ una storia di potere, passione, corruzione, incesto e parricidio. Sesso e sangue non mancano di certo. Nei secoli, la storia di Beatrice ha colpito l’immaginazione di artisti e scrittori importanti – Percy Bysshe Shelley, Stendhal, Dickens, Alexandre Dumas e Alberto Moravia sono solo alcuni fra quelli che l’hanno raccontata. E Caravaggio ebbe un posto in prima fila al suo funerale, come anche il pittore Orazio Gentileschi, pare insieme a sua figlia Artemisia.

La famiglia di Beatrice viveva nella Roma del tardo XVI secolo e la bellezza della ragazza era famosa quanto la reputazione del conte suo padre, Francesco Cenci, un bruto violento e corrotto. Il conte Cenci sfruttava la sua posizione e i suoi enormi possedimenti per comprarsi la libertà e ottenere il perdono dal Papa per i crimini commessi.

In quel periodo, Clemente VIII si sentiva minacciato dal potere crescente dell’aristocrazia romana. Aveva bisogno di ristabilire il controllo, ma esitava ad attaccare il conte Cenci. La leggenda narra che quest’ultimo abusasse di tutti quelli che lo circondavano, di suo figlio Giacomo, della sua seconda moglie e di Lucrezia, matrigna di Beatrice, ma le violenze maggiori erano riservate alla sua adorabile e graziosa figliola. Beatrice denunciò gli atti di suo padre alle autorità vaticane, ma inutilmente.

Alla fine, il conte Cenci rinchiuse la diciottenne Beatrice e la sua matrigna nel castello di famiglia a Petrella Salto, ai piedi dell’Appennino, dove il mostro libidinoso continuò ad abusare di loro senza pietà.

Nel settembre del 1598, in occasione di una visita del Conte al castello, Beatrice – almeno così pare – aveva escogitato un piano per assassinarlo.  Le due donne, con l’aiuto di due servitori (pare che uno di loro fosse l’amante di Beatrice), drogarono il Conte e mentre dormiva, gli perforarono la testa con un lungo chiodo e lo gettarono nel dirupo sotto la finestra del castello, dove venne ritrovato più tardi.

Beatrice, Lucrezia e Giacomo furono arrestati, processati a Roma e reputati colpevoli.

Il 10 settembre 1599, Beatrice e Lucrezia vennero prelevate dalla prigione di Corte Savella (sull’attuale Via di Monserrato) per essere decapitate con un’accetta davanti a una folla di romani inferociti in Piazza di Ponte Sant’Angelo. Beatrice – narra la leggenda – era calma, impenitente e dolorosamente bella fino all’ultimo, quando la sua testa insanguinata rotolò sulla piattaforma di legno.

In seguito alle morti nella famiglia Cenci, il Papa confiscò tutti i loro beni.

Dopo aver sentito la storia di Beatrice, mi sono sentita obbligata, da cittadina romana, a saperne qualcosa di più.

La prima tappa è stata la Galleria Nazionale di Arte Antica a Palazzo Barberini, dove è custodito il dipinto realizzato dall’artista barocco Guido Reni mentre Beatrice era in prigione. Palazzo Barberini è un posto strabiliante sia come edificio, sia perché è stipato di opere di Caravaggio, Raffaello, Tiziano… L’ultima volta c’ero stata per il blog, per vedere “La Fornarina” di Raffaello (vedi il post Amore e passione a Roma).

Questa volta mi sono affrettata sull’ampia scalinata del cortile interno diretta da Beatrice. Ho attraversato la sala del Caravaggio e poi finalmente ho trovato il suo piccolo ritratto montato su una parete in una grande sala, relegato in un angolo accanto a un altro ritratto.

Voglio citarvi le impressioni del poeta romantico britannico Bysshe Shelley davanti allo stesso dipinto. “Vi è nei lineamenti una fissa e pallida compostezza; ed ella vi appare mesta e percossa fieramente nell’animo, e tuttavia quel suo languire d’ogni speranza par mitigato da un senso di paziente soavità. Il capo è cinto dalle pieghe di un drappo bianco, da cui le bionde ciocche della sua aurea capellatura sfuggono e ricadono intorno al collo. Il volto è modellato con squisita delicatezza; le sopracciglia sono fine e arcuate; le labbra hanno quella costante espressione d’immaginazione e di sensibilità che il dolore non ha estenuato e che a pena la morte sembra che potrà estinguere.”

Quando mi sono fermata davanti al dipinto l’altro giorno, ho notato qualcos’altro. I suoi occhi sembravano guardare proprio me, sembravano implorarmi di aiutarla. E la Mamma in me voleva dirle che andrà tutto bene.

Comunque la mia opera preferita è un’altra, la scultura di Beatrice Cenci realizzata da Harriet Hosmer 1857.

Scultura di Beatrice Cenci, opera di Harriet Hosmer

Un’altra tappa del mio viaggio alla ricerca di Beatrice è stata Via Monserrato. Nel 500mo anniversario della sua morte, la città di Roma ha messo una targa in sua memoria nel punto in cui era passata nel percorso dalla prigione di Corte Savella al patibolo.

Targa di Via Monserrato. Foto Trisha Thomas

Poi naturalmente ho fatto una chiacchierata con la mamma di Giovanni, Annalisa De Felice. Annalisa ha confermato l’esistenza della leggenda sul fantasma di Beatrice, aggiungendo: “Veramente sono convinta che stia seguendo me.” Poi mi ha invitata nella sua casa in campagna. “Non crederai – ha detto – si trova a Petrella Salto, a due passi dal posto in cui fu ritrovato il conte Cenci. Quando verrai a trovarmi, andremo alla rocca.”

(Continua…)

Il paese di Petrella Salto alle pendici degli Appennini. E’ lì che Beatrice Cenci progettò e realizzò l’assassinio di suo padre Francesco Cenci.

Il paese di Petrella Salto alle pendici degli Appennini. E’ lì che Beatrice Cenci progettò e realizzò l’assassinio di suo padre Francesco Cenci.

Nota per i lettori del blog: Questa storia è un misto di fatto e leggenda ed è difficile riconoscere i fatti senza dedicare anni allo studio dei documenti storici. Perciò chiedo scusa per eventuali errori. Inoltre, mi sono presa una piccola licenza poetica per condire un po’ l’inizio.

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