Le Vedute di Roma di Marcella Morlacchi

Dettaglio da "Roma dal Vittoriano - dal Colosseo al Campidoglio al Tevere"
Dettaglio da “Roma dal Vittoriano – dal Colosseo al Campidoglio al Tevere”

Ho un rapporto di amore-odio con Roma. Momenti di pura gioia capaci di precipitare nella più nera frustrazione. L’altro giorno sono rimasta bloccata nel traffico infernale del Muro Torto. I motorini sfrecciavano da ogni lato zigzagando fra le auto, una bionda sui trent’anni a bordo di una Smart continuava a strombazzare il clacson alle mie spalle, molesta quanto un uomo alla guida di una Range Rover che redarguiva a gesti l’autista di un camion scassato che gli aveva tagliato la strada. Ero in ritardo per andare a prendere Chiara al coro e non avevo avuto tempo di portare fuori Settimo, ora accomodato con posa regale sul sedile del passeggero a osservare il caos attorno a noi – l’abitacolo della mia piccola Fiat saturo del suo poco gradevole alito canino.

Io intanto controllavo le email suo mio iPhone (sì, lo faccio sempre e lo so… non dovrei!). Procedevo a passo di lumaca su per la salita, erano le sette e quaranta di sera, ero in ritardo, mia figlia mi aspettava, sicuramente affamata e arrabbiata con me. E dovevo ancora portare a spasso il cane e preparare la cena. Mio marito era fuori. Sentivo crescere l’ansia. Perché le attività per ragazzi finiscono così tardi in Italia? Perché c’è tanto traffico a Roma? Perché si cena così tardi in questo Paese? Poi ho alzato lo sguardo e ho visto un gruppo di pini che svettavano su Villa Borghese – le cime tondeggianti sui tronchi lunghi e sinuosi. Il cielo si stava tingendo di rosa e violetto… e all’improvviso ho provato un senso di serenità. Ho cominciato a vagheggiare di costruirmi una casa su uno di quegli alberi e andare a vivere al di sopra del traffico romano (preferibilmente senza il mio iPhone).

Ho dato una pacca sulla testa a Settimo e gli ho detto: “Guarda quei pini, Settimo, non sono meravigliosi?”. Lui ha sembrato gradire continuando ad ansimare… proprio mentre la bionda sulla Smart, terminato di applicarsi il mascara, ha ricominciato a strombazzare costringendomi a procedere. Non sopporto quelle bionde giovani e ricche che si mettono il mascara mentre sono alla guida delle loro Smart e sono sicura che loro non sopportano le mamme lavoratrici di mezza età senza mascara che leggono le email e fissano nostalgiche i pini mentre accarezzano il cane in mezzo a un ingorgo.

Ma passiamo all’argomento principale di questo post. Questa settimana ho incontrato una donna che ha riacceso la mia passione per Roma. Una donna che spesso se ne sta al di sopra del traffico, dello smog e della sporcizia, una donna che si gode la vista e la ricrea con straordinaria precisione. Si chiama Marcella Morlacchi, architetto, docente e artista. Sono andata a trovarla nel suo studio per comprare uno dei suoi dipinti, ma sono rimasta tanto incantata dal suo lavoro, dal suo incredibile talento e dalla sua determinatezza, che sono rimasta a chiacchierare con lei chiedendole di raccontarmi tutta la sua vita.

Marcella disegna e dipinge vedute di Roma nelle quali il talento dell’artista si fonde con la tecnica, aggiungendo dettagli e colori alle linee immacolate tracciate dalla mano esperta dell’architetto.

Marcella Morlacchi che lavora a un acquerello del Vaticano. Foto da Trisha Thomas. Maggio 2014
Marcella Morlacchi che lavora a un acquerello del Vaticano. Foto da Trisha Thomas. Maggio 2014

Sarei rimasta in quello studio tutto il giorno tra pennelli, bicchieri di plastica pieni d’acqua, dipinti adagiati sui tavoli, fotografie di edifici e libri.

Marcella è cresciuta nell’elegante quartiere Parioli a Roma, dove vive e ha aperto lo studio. Suo padre era un importante ispettore di polizia che a suo tempo aveva risolto almeno venti casi di omicidio guadagnandosi l’appellativo di “Maigret italiano”.

Marcella mi ha raccontato l’affascinante storia di uno di quei misteri che tenne impegnato suo padre per ben sette anni. Riguardava una giovane donna di nome Vilma Montessi, il cui corpo fu rinvenuto in riva al mare nelle vicinanze di Roma. Non aveva le calze e la sua borsa era sparita, ma non riportava segni di violenza fisica. L’indagine sulla sua morte divenne un affare molto complicato perché vide l’incriminazione di alcuni importanti personaggi politici e per arrivare alla verità, suo padre dovette superare l’ostruzionismo della lobby politica.

Il padre di Marcella era famoso anche per tutti i delinquenti, truffatori e farabutti che aveva catturato. Ma nonostante il potere acquisito, rifiutò sempre di piegarsi alla pratica della raccomandazione per aiutare la carriera professionale dei figli – una tradizione italiana ben consolidata e spesso associata al nepotismo, specie in campo accademico.

Marcella Morlacchi desiderava diventare docente di Architettura, ma all’epoca non riuscì a ottenere un posto retribuito. L’Università di Roma, riconosciuto il suo talento, le permise di lavorare gratuitamente (sì, proprio così!) per 12 anni, dal 1972 al 1984.
Ha insegnato nella prestigiosa Facoltà di Architettura per tutto quel tempo senza né titolo, né stipendio. E per guadagnarsi da vivere, ha fatto un’altra miriade di lavori. Ha collaborato con una società edile fornendo consulenze architettoniche nei cantieri – un lavoro che le dava soddisfazione e nel quale, pur essendo circondata principalmente da uomini, si è sempre sentita stimata e rispettata. Ha lavorato anche per gli istituti bancari, fornendo consulenze tecniche sui progetti per i quali veniva richiesto un mutuo.

Un disegno di Piazza Navona di Marcella Morlacchi. Foto di Trisha Thomas Maggio 2014
Un disegno di Piazza Navona di Marcella Morlacchi. Foto di Trisha Thomas Maggio 2014

Insomma, ha fatto tanti lavori, ma il suo vero amore sono sempre stati il disegno e l’insegnamento. Alla fine ha avuto un incarico all’Università e per questo mi ha consigliato di “non arrendermi mai”. Non si è sposata (benché avesse molti spasimanti) e non ha avuto figli, perché come ha osservato lei stessa: “I miei figli erano i miei studenti.”

E’ difficile riassumere la vita di Marcella Morlacchi in un solo post. I suoi talenti sono stati largamente riconosciuti. Ha scritto molti libri, incluso un testo accademico per studenti di Architettura e altri con disegni di Roma e commenti sui suoi colori.

Un disegno di Villa Pamphilj di Marcella Morlacchi appeso alla parete del suo studio. Foto di Trisha Thomas, Maggio 2014
Un disegno di Villa Pamphilj di Marcella Morlacchi appeso alla parete del suo studio. Foto di Trisha Thomas, Maggio 2014 

I colori di Roma sono forse l’aspetto più importante della sua lunga carriera. “Ho inventato l’uso degli acquerelli come disciplina dell’architettura – sono stata la prima al mondo a farlo.” ha affermato durante la nostra chiacchierata.

Grazie all’uso degli acquerelli nei disegni architettonici, Marcella Morlacchi viene considerata un’esperta dei colori di Roma. Mi ha spiegato che con l’Unità d’Italia nel 1870, Roma divenne la capitale del Paese ed ebbe inizio la costruzione di molti edifici per ospitare i ministeri e gli impiegati statali trasferitisi da Torino. Tali costruzioni, più eclettiche di quelle rinascimentali e barocche, hanno con queste ultime un elemento in comune: le mura esterne sono dipinte di una gamma di colori che varia dal giallo, al rosa, all’arancione, al rosso mattone, lasciando sempre al naturale la pietra e il travertino di cornicioni, cornici di finestre e colonne. Questo era lo stile di Roma, qualunque altra cosa era sbagliata.

Più di un secolo dopo, pochi si attenevano ancora a questo linguaggio architettonico e in città si cominciavano a vedere edifici “insaponati” di colore, senza alcun rispetto per la loro storia. E’ stato a questo punto, attorno al 2003, che Marcella Morlacchi ha preso in mano la situazione, lanciando un grosso progetto nel Municipio A, comprendente cinque quartieri. Insieme ai suoi studenti, ha elaborato 21 schemi cromatici codificando ogni singolo edificio. Questo lavoro è diventato la base per una nuova regolamentazione valida per tutta la città. Marcella Morlacchi lo definisce il successo più grande della sua vita: salvare i colori originari di Roma.

Negli anni, i suoi disegni sono andati oltre il semplice schizzo architettonico, diventando dipinti molto apprezzati e ambiti. La Morlacchi si è aggirata per la città armata di matite e sgabello, fermandosi agli angoli di strada e salendo sulle terrazze per disegnare e dipingere Roma con grande dovizia di particolari. I suoi lavori tradiscono il suo amore per la verità e il dettaglio – che si tratti di erbacce spuntate da un muro, fiori gialli cresciuti fra le tegole, segnali stradali, automobili o parabole satellitari. Mentre la intervistavo, stava lavorando a un disegno/dipinto del Vaticano e non sembrava soddisfatta perché aveva disegnato una parte del Palazzo Apostolico in piena luce, mentre in realtà si trova all’ombra di un altro edificio.

Marcella Morlacchi che corregge le ombre sul Palazzo Apostolico nel suo dipinto del Vaticano. foto de Trisha Thomas, Maggio 2014
Marcella Morlacchi che corregge le ombre sul Palazzo Apostolico nel suo dipinto del Vaticano. foto de Trisha Thomas, Maggio 2014

Marcella Morlacchi che corregge le ombre sul Palazzo Apostolico nel suo dipinto del Vaticano. Foto di Trisha Thomas, Maggio 2014

Nel 2007, il Ministero dei Beni Culturali ha chiesto a Marcella Morlacchi di dipingere degli acquerelli con vedute di Roma dal Vittoriano. Lei ha iniziato dalle figure femminili scolpite sui bordi del monumento, per poi passare al Colosseo, al Tevere e alle colline dei Castelli Romani. Quei dipinti sono stati stampati su enormi placche installate in cima al Vittoriano e visibili a chiunque prenda l’ascensore per salire sulla terrazza.

Oppure, se volete, potete venire a casa mia e vedere la copia che ha dato a me.

6 thoughts on “Le Vedute di Roma di Marcella Morlacchi”

    1. Trisha Thomas

      Unfortunatley, I don’t blog in Italian — sadly, my written Italian is not good enough. I have had a friend translate some posts for those who want to read them in Italian, but yesterday I messed up and put this translation in the wrong place and can’t figure out how to get it in the right place — I am so hopeless with Word Press!!!!

  1. With a few bumps and a little gender confusion my computer did a credible translation for me. What an intriguing artist. I am fascinated by her work. Your description and pictures of her work were a real view of a very special but unknown artist. Thanks for bringing us this insight into the “wonderful” Rome.

    L/D

  2. Massimo Marchitto

    …velocemente! : casualmente sul Suo sito: sono figlio di un Questore.
    Ho a Studio alcune Sue opere, mia moglie è venuta varie volte da Lei col compianto, nostro amicissimo, Franco Gravina!
    Mio Padre fu mandato dal Ministro degli Interni a reggere la questura di Grosseto, nel 1953, per vari motivi, uno dei quali era che un archivista della Questura si spacciava per V.Questore: si chiamava Montagna ed era il fratello del sedicente “Marchese” Montagna, uno del “caso Montesi”!
    Anche Saverio Polito ne passò per via di “Capocotta”,
    come Piero Piccioni, il cui padre Attilio si dimise, appena seppe dell’incriminazione del figlio!
    All’epoca, ci si ….dimetteva!
    Con ammirazione.
    Avv. Massimo Marchitto

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